Le nubi di Venere

 

Sempre avvolto un'impenetrabile cortina di nubi, che ha ostacolato non poco le osservazioni degli astronomi, Venere ha cominciato a svelare alcuni dei suoi segreti solo a partire dagli anni '60, allorché ne venne intrapresa l'esplorazione diretta con sonde spaziali. Inutile dire che fu proprio l'atmosfera ad attirare su di sé la curiosità degli scienziati, decisi a svelare un mistero di grande importanza per noi tutti: come aveva potuto un pianeta praticamente gemello della nostra Terra evolversi in modo tanto diverso e così ostile alla vita?

Un caldo insostenibile

L'atmosfera di Venere è costituita quasi esclusivamente di anidride carbonica (96,4%); l'unico altro gas presente in quantità non trascurabile è l'azoto (3,4%). La concentrazione del vapore acqueo è variabile, ma si aggira sullo 0,01%, mentre l'ossigeno, abbondante sul nostro pianeta, si trova solamente in tracce (meno di 20 parti per milione). La temperatura al suolo è infernale: tocca infatti i 450-460 °C e la densa atmosfera immagazzina e trasporta così efficacemente il calore da eliminare qualunque variazione diurna, stagionale o latitudinale. In altre parole, la differenza di temperatura tra l'equatore e i poli è di soli pochi gradi ed anche durante la lunga notte il caldo non diminuisce. La pressione superficiale è pari a 90 atmosfere; sulla Terra bisognerebbe scendere sott'acqua alla profondità di 900 metri circa per sperimentare una pressione simile. Tuttavia il paradosso e soltanto apparente.

Se infatti il nostro pianeta venisse riscaldato fino alle temperature prevalenti su Venere, gli oceani evaporerebbero e le rocce libererebbero l'anidride carbonica immagazzinata sotto forma di carbonati. Alla fine, l'atmosfera terrestre sarebbe circa 300 volte più massiccia di adesso ma, dando tempo alla radiazione ultravioletta del Sole e ad altri processi di eliminare il vapore acqueo dall'atmosfera, si arriverebbe a delle condizioni non molto differenti da quelle oggi prevalenti su Venere.

Le nubi

Nubi opache di colore giallo ricoprono stabilmente la superficie del pianeta, innalzandosi fino a 70 Km dalla superficie, le particelle che compongono le nubi devono essere sferiche, e quindi goccioline di qualche sostanza liquida piuttosto che cristalli di ghiaccio. Le basse temperature riscontrate alla sommità delle nubi (inferiori di almeno 20 °C rispetto allo zero) e l'indice di rifrazione escluderebbero l'acqua e tutte le altre sostanze più comuni, mentre sono in accordo perfetto con un composto a cui pochi avevano pensato : l'acido solforico. Piccole gocce di acido solforico spiegherebbero le foschie osservate ad alta quota sopre le nubi. I palloni sonda hanno distinto tre strati : lo strato superiore è formato da piccole goccioline di acido solforico ; quello mediano è costituito da goccioline grandi ma meno numerose ; quello più in basso, infine, è più denso e contiene le particelle più grandi. Sotto i 48 Km la temperatura è così elevata da vaporizzare tutte le goccioline, per quanto sia presente una foschia sino a 31 Km di altezza. Da qui fino alla superficie l'atmosfera è relativamente limpida. Le immagini rivelano le seguenti importanti caratteristiche :

Regione equatoriale: questa regione è caratterizzata dalla presenza di configurazioni cellulari, di cui qualcuna dell'ampiezza di 500 km. Alcune di esse sono di forma rotonda, altre di forma poligonale, e tutte hanno una durata massima di poche ore soltanto. Strisce di notevole ampiezza hanno origine nella regione equatoriale e si muovono a spirale in direzione delle latitudini più alte. Nel fotomosaico ad alta risoluzione, sul lato verso l'equatore esse appaiono fiancheggiate da strisce più sottili e da vertici occasionali, fa pensare all'esistenza di una turbolenza di scorrimento orizzontale. Vi sono almeno due importanti sistemi di strisce di turbolenza in ogni emisfero, e di essi uno appare distendersi asimmetricamente attraverso l'equatore. La velocità angolare dei punti di riferimento aumenta con la latitudine. Anelli polari: l'anello che circonda il poli è forse la configurazione di maggior rilievo la più stabile che si sia potuta osservare nella regione polare. Vi sono indizi notevoli di esistenza di un anello analogo nell'emisfero settentrionale, ma poiché Mariner 10 sorvolò la regione settentrionale l'area interessata non poté essere fotografata.

Strisce a spirale: costituiscono le strutture più caratteristiche della coltre di nubi venusiana. Durante gli 8 giorni in cui furono riprese le immagini, rimase in evidenza una struttura di linee divergenti, col centro sull'equatore che si allargava nel senso della rotazione. Presumibilmente le strisce a spirale sono masse nuvolose coinvolte nelle turbolenze e nell'interazione esistente fra la corrente equatoriale e le perturbazioni di origine sub-solare.

Piogge acide

Oltre che per la composizione, le nubi venusiane si differenziano da quelle terrestri anche per il meccanismo di formazione. Sul nostro pianeta le nubi si formano a seguito del raffreddamento di aria ascendente che provoca la condensazione del vapore acqueo presente. Le nubi di Venere assomigliano di più allo smog, in quanto sono il prodotto di una serie di reazioni chimiche tra anidride solforosa ed acqua. Le reazioni sono innescate dalla luce solare nella parte alta della coltre di nubi e dall'intenso calore più in basso. Lo zolfo e l'anidride solforosa sono stati probabilmente immessi nell'atmosfera da eruzioni vulcaniche. Salendo nella secca atmosfera si sarebbero combinati con lo scarso vapore acqueo presente, formando le nubi di acido solforico. Le piogge di acido solforico non riescono però a raggiungere la superficie. Infatti le gocce evaporano ad alta quota a causa dell'elevata temperatura. Sulla Terra, invece, lo zolfo prodotto dai vulcani, dai microrganismi e dal consumo dei combustibili fossili si dissolve nelle nubi e raggiunge il suolo con le piogge, danneggiando le foreste e i laghi.

I venti

Un dato interessante raccolto dal Mariner 10 riguarda la velocità con cui si muovono le nubi venusiane, calcolata pari a 100 m al secondo all'equatore; tale velocità equivale a circa una rotazione ogni quattro giorni terrestri. Sono state formulate molte teorie per spiegare l'origine dei forti venti che muovono le nubi di Venere. La più plausibile, tuttavia, è quella che tali correnti aeree siano provocate dalle differenze di temperatura esistenti sul pianeta tra la faccia esposta al Sole, fortemente riscaldata, e quella immersa nell'oscurità della notte, ma questo modello sembra valido per valori di velocità attorno a qualche metro al secondo. Il fenomeno è comunque veramente strano. In superficie i venti sono praticamente assenti: si può parlare, al più, di una brezza leggera. Con la quota la velocità aumenta e tocca il massimo in corrispondenza dei tre strati di nubi. Sulla Terra l'atmosfera ruota praticamente di conserva con la superficie solida e le correnti a getto, dove le velocità del vento assumono valori simili a quelli venusiani, sono limitate a strette fasce in quota e latitudine.

 

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